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Gli Oasis chiudono il capitolo Noel Gallagher con una raccolta composta da tutti i singoli rilasciati in Gran Bretagna dal 1994 al 2009. Probabilmente le ultime vere rockstar, gli Oasis sono il gruppo che ha fatto più discutere nell’ultimo ventennio tra alti vertiginosi, tonfi clamorosi, risse, gossip, liti fratricide, rehab e chi più ne ha più ne metta.

Questa raccolta mette in risalto questi alti e bassi e la parabola altalenante di questa band. Preferisco seguire l’ordine temporale delle tracce e non l’ordine dell’album per rendere meglio l’idea.

La prima fase, quella dal 1994-1996, della folgorante esplosione, del successo planetario in pochissimo tempo e della consacrazione di pubblico e critica è rappresentata dai singoli degli album Definitely Maybe e What’s the story?Morning Glory. Parlare delle canzoni di quel periodo presenti nell’album è quasi superfluo, è una carrellata di gemme musicali che solo i grandissimi possono permettersi.

Da Supersonic, l’inno definitivo degli anni ’90, più rappresentativo anche di Smells Like Teen Spirits, che spazzò letteralmente via il grunge, a Live Forever, canzone smielata ma con una musicalità pazzesca, a Don’t Look Back in Anger, la più grande ballata pop scritta nel dopo-Beatles, a Wonderwall, che pure i muri conoscono,a Some Might Say, una canzone che è impossibile levarsi dalla mente fino all’intermezzo tra i due album, Whatever, un altro capolavoro pop.

Poi però nel 1997 con Be Here Now, al momento della possibile consacrazione tra i grandissimi di sempre, il primo mezzo passo falso qualitativo, seguito dal fallimento totale di Standing on the Shoulder of Giants del 2000. Do You know what I Mean lasciava presagire un altro grande album, invece si rivelò un album abbastanza debole, un enorme passo indietro rispetto agli altri, dove Stand By Me è la copia sbiadita di Slide Away (da Definitely Maybe) e All Around The World è un gigioneggiare sui Beatles. L’album successivo, come dicevo pocanzi, è un completo disastro, con forse “Sunday Morning Call” appena sopra la sufficienza.

Il terzo periodo invece è quello dal 2002 al 2009, dove gli Oasis resettano tutto e abbassano le ambizioni iniziali, ma nelle quali almeno c’è una discreta (ma non eccezionale) qualità degli album e dove il pubblico torna a seguirli. Heathen Chemistry” del 2002 è quasi una prova del vedere se gli Oasis, sulla falsariga dei primi album, riescono ancora a scrivere belle canzoni.

Ci riescono, anche se senza troppa originalità e con qualche sorpresa: Little By Little e Stop Crying Your Heart Out sono carine ma su entrambe cade l’ombra di Don’t Look Back In Anger, mentre Songbird, la prima canzone composta da Liam Gallagher, è sorprendentemente fresca e orecchiabile.

Nel 2005 esce Don’t Believe the Truth, un passo in avanti rispetto al precedente. Il singolo Lyla è buono ma non entusiasma, mentre The Importance to Being Idle è la migliore interpretazione degli Oasis da What’s The Story? Morning Glory. Il terzo singolo è una buona ballatona cantata da entrambi i fratelli Gallagher, Let there be Love.

L’ultimo album in studio Dig Out Your Soul del 2008 continuava a far sperare in questa piccola rinascita degli Oasis: stavolta il singolo d’apertura The Shock of The Lighting è veramente ottimo, e lo sono anche I’m Outta Time” e Falling Down.
Invece le strade dei fratelli Gallagher si dividono qui.

Questo album è il riassunto di una carriera altalenante tra grandi capolavori e grandi passaggi a vuoto, ma pur sempre da avere.

Voto: 16.5/20

In una Parola: Ottovolante